Sentenze di Diritto civile

L’opposizione ai verbali della polizia locale e l’importanza della presenza dei testimoni.

Il ricorrente ha proposto opposizione a verbale della Polizia locale avendo subito oltre che una multa ‘salata’ anche la decurtazione di punti dalla patente. Ritenendo che la rilevazione dello stato dei luoghi da parte dei vigili, dopo oltre quattro ore dall’accaduto e quindi con i veicoli rimossi, non fosse stata fatta in modo corretto faceva ricorso innanzi al giudice di Pace. Dimostrava per testimoni di avere correttamente eseguito la manovra di immissione nel traffico e quindi l’imprudenza dell’altro autoveicolo che aveva causato il sinistro ottenendo l’annullamento del verbale.  

MASSIMA: «Dalla documentazione in atti e dalle testimonianze assunte risulta provato che il ricorrente ebbe ad effettuare una manovra di immissione nel flusso della circolazione nel rispetto delle norme del CDS e che pertanto egli non commise la violazione contestata (..) i testi escussi hanno confermato la stessa versione dei fatti riportata dal ricorrente, da cui pertanto deve dedursi la correttezza del comportamento tenuto nella circostanza alla guida del veicolo»

 

Il possesso ad usucapionem ed il vincolo di accertabilità

L’attore ha adito il Tribunale esponendo di aver acquistato a titolo originario la piena proprietà di alcuni appezzamenti di terreno. Attraverso l’audizione di testimoni è stato dimostrato il possesso da parte dell’attore uti domini, da oltre venti anni, in modo continuo ed ininterrotto degli immobili in questione, e che tale possesso è sempre stato dallo stesso esercitato pubblicamente e in modo indiscusso, non avendo mai nessuno rivendicato pretese di alcun genere sui beni, da cui il diritto dello stesso a essere dichiarato proprietario.

MASSIMA:«affinché si abbia possesso ad usucapionem è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo e non interrotto, che dimostri inequivocabilmente l’intenzione di esercitare un potere sulla cosa, corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno “ius in re aliena”, e che detta signoria permanga senza interruzione, per tutto il tempo indispensabile per usucapire (per tutte, sull’argomento, Cass. Civ. n. 11000/2001 e n. 18392/2006). »

Accertamento della responsabilità dell’Agenzia delle Entrate a fronte del mancato rimborso IRPEF, a causa dell’erroneo procedimento sulle modalità di pagamento

È stato accertato il mancato rispetto delle procedure da parte dell’Agenzia delle Entrate poiché, a fronte di un importo superiore a euro 999, ha disposto il rimborso in contanti e non tramite l’emissione di un vaglia della Banca d’Italia, anziché con bonifico come da sue stesse procedure interne. Tale inadempienza ha provocato un grave danno al cittadino visto che il pagamento è stato fatto a un soggetto terzo estraneo, sotto esibizione di documenti falsi. Il Giudice di Pace ha riconosciuto la responsabilità dell’Agenzia delle Entrate per non avere rispettato le sue stesse procedure interne e quindi causato la sottrazione dell’assegno al cittadino avente diritto all’incasso, legittimando la ricorrente ad ottenere il risarcimento dei danni.

MASSIMA:«è prevista la responsabilità ex art. 2043 c.c. in capo all’Agenzia delle Entrate per aver tenuto un comportamento non rispettoso dei principi di buona amministrazione e trasparenza sulla base del danno arrecato, costituito dal ritardo del pagamento e dal disagio correlato allo stesso»

É nulla la notifica eseguita a persona sconosciuta e diversa dal destinatario

Il ricorrente ha chiesto l’annullamento di un’ingiunzione di pagamento a seguito di un verbale di accertamento di infrazione, lamentando la nullità della notifica eseguita a mani di persona sconosciuta.  Il Giudice di pace ha accolto il ricorso in quanto la notifica é stata fatta a persona diversa dal legittimo destinatario, il quale non è stato posto in condizioni di venire a conoscenza del contenuto del documento.  

MASSIMA: «il verbale di accertamento di infrazione notificato a persona altri dal destinatario deve essere portato a conoscenza di questi con modalità idonee, come una raccomandata di avviso, altrimenti la notifica non è valida»

La presunzione di colpa negli incidenti stradali

Due autovetture si sono scontrate durante una manovra di inserimento in tangenziale. Nella successiva constatazione amichevole di incidente è mancato l’accordo relativo alla dinamica del sinistro. Il Giudice di pace di Milano ha ravvisato una concorrente responsabilità applicando l’articolo 2054 cod. civ., il quale stabilisce che «il conducente di un veicolo […] è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno». Nessuna delle parti coinvolte è stata infatti in grado di dimostrate che la propria condotta fosse pienamente rispettosa delle norme stradali e, quindi, esente da colpa.

MASSIMA: «l’articolo 2054 cod.civ. ha funzione meramente sussidiaria, e la colpa comune delle parti coinvolte in un incidente automobilistico si presume, salvo prova contraria»

Nessuno può essere gravato da un aumento del contratto di fido senza il suo consenso

Il coniuge ha stipulato con una società finanziaria un contratto di credito «revolving» per un ammontare determinato tra le parti in euro mille. La moglie ha prestato il proprio consenso per garantire tale importo. Nel corso degli anni, tuttavia, l’ammontare del fido è aumentato notevolmente tramite accordi stipulati unicamente tra il marito e la società. Alla morte di costui, alla consorte sono state richieste somme aggiuntive, frutto delle precedenti negoziazioni a cui la stessa non ha preso parte. Il Tribunale di Milano ha affermato che, ove anche si potessero configurare come validamente effettuati gli aumenti di fido, essi si risolverebbero in «veri e propri nuovi contratti intervenuti tra la società finanziaria ed il marito, e come tali efficaci solo tra le parti ai sensi dell’art.1372 c.c.» non avendo la moglie partecipato agli stessi.

MASSIMA: «gli aumenti di fido all’interno di un contratto di credito “revolving” stipulati solo da uno dei due co-obbligati in solido hanno efficacia esclusivamente nei confronti di questo ai sensi dell’articolo 1372 c.c.»

La denuncia di furto fa presumere l’esistenza dell’illecito

Un assicurato contro il furto e incendio della propria autovettura ha subito effettivamente il furto della stessa. La società assicurativa ha ritenuto di non dover risarcire l’assicurato del danno subito e pertanto l’assicurato ha agito in giudizio per chiedere all’impresa convenuta il pagamento della somma. Il tribunale ha respinto la domanda in quanto il reato non era stato adeguatamente provato, ma successivamente la Corte d’Appello di Milano ha riformulato la sentenza, ritenendo che dal momento che l’attore ha sporto regolare denuncia di furto, questa deve essere valutata come prova presuntiva dell’illecito, corroborata da una particolare valenza stante la rilevanza penale che assumono le dichiarazioni false rese dinanzi agli organi della polizia. 

MASSIMA: «la denuncia di furto può essere utilizzata come prova presuntiva dell’avvenuto reato al fine di ottenere l’indennizzo contro gli illeciti previsto dal contratto di assicurazione» 

La tutela possessoria e la prova delle condotte moleste attraverso la CTU

L’attore lamentava di aver subito delle condotte moleste da parte resistente, e cioè: a) l’utilizzo del vialetto di accesso al cortile nel quale parte ricorrente esercita la propria attività, per lo scarico e carico merci, con conseguente sosta dei furgoni; b) la trasformazione di un’apertura nel muro perimetrale in uscita di emergenza, con divieto di sosta e fermata innanzi a tale porte; c) d) e) l’utilizzo del vialetto per il posizionamento di bancali, bidoni rifiuti ed altri materiali; il posizionamento sul muro che affaccia sul vialetto, di un condizionatore; la realizzazione, sul muro della cantina di parte ricorrente, di una griglia di areazione. Attraverso idonea CTU veniva accertata la sussistenza delle suddette circostanze e quindi la violazione dei diritti possessori da esse derivanti.

 

MASSIMA: «Il giudice di merito può utilizzare, in mancanza di qualsiasi divieto di legge, anche le prove raccolte in un diverso giudizio tra le stesse parti o tra altre parti, delle quali la sentenza che in detto giudizio sia stata pronunciata costituisce documentazione, fermo restando che la valutazione del materiale probatorio non va limitata all'esame isolato dei singoli elementi ma deve essere globale nel quadro di una indagine unitaria ed organica che, ove sia immune da vizi di motivazione, costituisce un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità (Cass. Civ., 25/02/2011, n. 4652; Cass. Civ., 31/10/2005, n. 21115; Cass. Civ., 16/05/2000, n. 6347; Cass. Civ., 11/12/1999, n. 13889; Cass. Civ., 20/01/1995, n. 623)»

La responsabilità pre-contrattuale nelle trattative

L’attore ha intrattenuto trattative volte alla sua assunzione presso la convenuta. Le trattative sono giunte a un punto tale da determinare il suo affidamento nella conclusione del contratto poi ingiustificatamente interrotte dalla controparte. L’attore ha chiesto la condanna a risarcire i danni da lui subiti visto che aveva dato disdetta della sua abitazione londinese per organizzare il suo trasferimento in Italia e iniziare la sua nuova attività lavorativa per i convenuti.


MASSIMA1: «la responsabilità precontrattuale dei convenuti per la cui integrazione, si ricorda, è necessario che “siano in corso trattative; che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l'altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che la controparte, cui si addebita la responsabilità, le interrompa senza un giustificato motivo; che, infine, pur nell'ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto” »

 

MASSIMA2: «“la responsabilità precontrattuale prevista dall'art. 1337 cod. civ. può derivare, oltre che dalla rottura ingiustificata delle trattative, anche dalla violazione dell'obbligo di lealtà reciproca, il quale comporta un dovere di completezza informativa circa la reale intenzione di concludere il contratto, senza che alcun mutamento delle circostanze possa risultare idoneo a legittimare la reticenza o la maliziosa omissione di informazioni rilevanti nel corso della prosecuzione delle trattative finalizzate alla stipulazione del negozio.”»